
Autostereotipizzazione: quando ti riduci a un’etichetta (e come uscirne)
“Io sono fatto così, non cambio.” “Nel mio settore ci si comporta per forza così.”
Cos’è l’autostereotipizzazione
L’autostereotipizzazione è la tendenza ad attribuirsi caratteristiche rigide derivanti dal gruppo di appartenenza (professionale, funzionale, culturale) fino a limitare la propria identità e il comportamento. È una scorciatoia mentale che semplifica la realtà, ma finisce per restringere le scelte e la crescita.
Perché ci caschiamo
- Bisogno di appartenenza: seguire lo standard del gruppo fa sentire al sicuro.
- Economia cognitiva: le etichette riducono l’incertezza, ma anche la curiosità.
- Narrazioni dominanti: “qui si è sempre fatto così” diventa profezia auto‑avverante.
- Paura del giudizio: meglio restare nell’etichetta che rischiare il confronto.
Effetti su persone e team
- Identità ristretta: confondi il ruolo con il valore.
- Inibizione dell’iniziativa: meno idee, meno sperimentazione.
- Innovazione bassa: team omologati evitano il rischio e replicano routine.
- Clima fragile: chi si sente “sostituibile” non si espone e non cresce.
Segnali d’allarme da riconoscere
- Frasi tipo: “Non fa parte del mio ruolo”, “Nel nostro settore non si fa”.
- Autodefinizioni rigide: “Io sono solo operativo”, “Sono creativo, non numeri”.
- Scarsa mobilità delle competenze tra funzioni o progetti.
- Riunioni con le stesse voci e gli stessi schemi decisionali.
Come uscirne: pratiche individuali
- Separa ruolo e identità
Scrivi due liste: ciò che fai per ruolo e ciò che sai fare oltre il ruolo. Usa la seconda nelle tue proposte. - Riformula le etichette
Dal “non cambio” a “sto allenando X in contesti piccoli”. Dal “non sono portato” a “non l’ho ancora praticato”. - Micro‑sperimentazioni
Prova un compito fuori comfort per 60–90 minuti a settimana. Documenta esito e apprendimento. - Portfolio di evidenze
Raccogli casi in cui hai agito oltre l’etichetta (es. analisi dati fatte da chi si definiva solo “creativo”). - Linguaggio preciso
Sostituisci “sempre/mai” con “in questo contesto, finora”. Apri spazio al cambiamento.
Leadership: come prevenire la depersonalizzazione nel team
- Job crafting guidato
2 ore al mese per ridisegnare porzioni di ruolo in base a interessi e punti di forza. - Rotazioni brevi
Shadowing incrociato tra funzioni per far vedere competenze trasferibili. - Rituali di voce
In riunione, 10 minuti “dal basso” per insight e proposte fuori perimetro. - Metriche inclusive
Valuta anche contributi cross‑funzionali (mentoring, knowledge sharing, miglioramenti di processo). - Narrativa di team
Celebra storie in cui l’io consapevole ha arricchito il noi con soluzioni non convenzionali.
Esempi pratici di riformulazione
- “Io sono solo operativo.” → “Porto a terra processi e posso contribuire al disegno con feedback dal campo.”
- “Sono creativo, non numeri.” → “Uso i numeri per capire quale idea funziona meglio.”
- “Nel mio settore non si fa.” → “In quali casi specifici potremmo testarlo in piccolo?”
Checklist veloce
- Sto parlando in etichette o in comportamenti osservabili?
- Quale competenza non “da ruolo” posso attivare questa settimana?
- Quale micro‑esperimento posso avviare senza autorizzazioni complesse?
- In riunione, ho fatto parlare chi porta una prospettiva diversa?
FAQ
L’appartenenza al gruppo non è importante?
Lo è. La sfida è mantenere un noi forte senza annullare gli io. Appartenenza e autenticità non sono alternative, ma elementi da integrare.
Come spiego al capo che voglio uscire dall’etichetta?
Porta un business case breve: problema, micro‑test proposto, metriche di successo, tempo richiesto. Riduci il rischio percepito.
Un team fatto di persone che si sentono “anonime” non innova e non cresce. La vera sfida è integrare appartenenza e autenticità: un “noi” solido nasce da tanti “io” consapevoli. Chiediti oggi: dove sto confondendo la mia identità con il mio ruolo? E qual è il prossimo piccolo passo per riaprire possibilità?