Self Made Man: retorica superata o mito da sfatare?

Un post su Instagram, centinaia di commenti e una frase d’effetto: “Il self made man è finito. Oggi sei ricco solo se erediti”. Ancora una volta, la narrazione social si traveste da analisi. E ci caschiamo. Anzi, ci discutiamo sopra, come se fosse un dato di fatto e non una semplice – discutibile – opinione.
La riflessione nasce dalla classifica Forbes sui 1000 più ricchi al mondo, ma viene distorta fino a trasformarsi in un verdetto sociologico: i giovani under 30 non avrebbero più possibilità di “farsi da soli”, a meno che non ereditino patrimoni familiari. E tra un Zuckerberg e un Musk (citati come gli ultimi veri self made man), la discussione scivola nel consueto moralismo da tastiera.
Self Made Man: un mito che non regge (più)
Il concetto di “self made man” ha origini ottocentesche. L’uomo che, con sola forza di volontà, intelligenza e fatica, costruisce il proprio successo. Ma oggi, ha davvero senso parlarne ancora così?
La realtà contemporanea è profondamente diversa. Le dinamiche di potere, le competenze richieste, la struttura stessa del lavoro e dell’economia sono mutate. Il successo non è mai solo individuale: è il risultato di ecosistemi, team, investitori, relazioni, reti. Chi crede ancora al mito del genio solitario ignora una parte fondamentale del gioco.
La retorica social e il rischio della disinformazione
Il problema non è solo il contenuto, ma la forma in cui viene veicolato. I social sono diventati canali di comunicazione potentissimi, ma spesso superficiali. Un post con un’immagine accattivante, una frase forte e un paio di nomi celebri può sembrare informativo, ma in realtà è solo una speculazione travestita da analisi.
E qui casca l’asino: se manca il contesto, la fonte non viene verificata, e le informazioni sono estratte a caso, siamo nel territorio del analfabetismo funzionale digitale. Un problema serio, soprattutto quando si parla a un pubblico giovane, affamato di modelli e punti di riferimento.
Under 30 e lavoro: tra ostacoli reali e narrazioni tossiche
Nessuno nega che esistano difficoltà per i giovani. Ma generalizzare dicendo che “non si può più diventare ricchi” è fuorviante e, per certi versi, dannoso. I giovani under 30 hanno oggi più strumenti, più possibilità di accesso, più consapevolezza collettiva rispetto a generazioni precedenti. Ma hanno anche bisogno di messaggi realistici, non polarizzati.
Il vero rischio è alimentare una narrazione fatalista: se non sei figlio di qualcuno, non ce la farai mai. E invece il punto è un altro: oggi il successo si costruisce in modo diverso. Non più (o non solo) da soli, ma attraverso reti, alleanze, condivisione e co-leadership.
Leader sì, ma con il team
Il volto pubblico di un’azienda non è sempre chi comanda davvero. Il portavoce non è il decisore unico. E soprattutto, nessuno diventa milionario da solo. Nemmeno Musk o Zuckerberg. Dietro ogni storia c’è un ecosistema, una cultura, una squadra.
È ora di abbandonare l’illusione romantica del self made man e iniziare a parlare di leadership collaborativa, crescita condivisa e intelligenza di sistema. Perché oggi il potere non è di chi si isola, ma di chi sa costruire reti efficaci.
Conclusione: pensiero critico prima del contenuto
Prima di pubblicare, di condividere, di commentare, fermiamoci un attimo. Un post ben scritto non è sempre un contenuto utile. Un contenuto virale non è necessariamente corretto. Chiediamoci: da dove vengono le informazioni? Che dati supportano quella tesi? C’è un’analisi o solo un’opinione ben confezionata?
E se proprio vogliamo educare e informare, che sia con sostanza, contesto e consapevolezza. Perché il self made man è (forse) scomparso, ma il pensiero critico non può sparire con lui.