Self-monitoring VS Self-handicapping: adattarsi o autosabotarsi?

In ufficio non conta solo cosa sai, ma anche come ti presenti.

Esistono due strategie psicologiche che spesso distinguono chi cresce da chi resta bloccato: self-monitoring e self-handicapping.

Cos’è il Self-monitoring?

Il self-monitoring è la capacità di leggere il contesto sociale e adattarsi di conseguenza.
È la dote di chi sa osservare, modulare il proprio linguaggio, scegliere il momento giusto per parlare e trasmettere il messaggio in modo efficace.

Il self-monitoring non è finzione: è intelligenza relazionale. Significa saper calibrare i propri comportamenti per avere impatto e farsi comprendere meglio.

Cos’è il Self-handicapping?

Il self-handicapping, invece, è una strategia di autosabotaggio.
Consiste nel creare ostacoli a sé stessi prima di una prova importante, così da proteggere l’autostima in caso di fallimento.

Esempi comuni:

  • “Non ho studiato abbastanza, così se va male so perché.”
  • “Non ho dormito, quindi non rendo al massimo.”
  • “Non mi sono preparato troppo, tanto non cambierebbe.”

Il messaggio implicito è: “Se fallisco, non è davvero colpa mia.”

Due mondi opposti

Le differenze sono nette:

  • Self-monitoring = mi adatto, comunico meglio, aumento il mio impatto.
  • Self-handicapping = mi creo scuse eleganti, resto fermo, evito la responsabilità del risultato.

Il primo atteggiamento richiede impegno e apertura al cambiamento.
Il secondo offre protezione immediata, ma alla lunga limita crescita, performance e motivazione.

Perché ci caschiamo?

Il self-handicapping nasce dalla paura di fallire.
È più facile giustificarsi che affrontare la possibilità di non riuscire nonostante l’impegno.
Il self-monitoring, al contrario, si fonda sulla fiducia nelle proprie capacità di adattamento e sulla disponibilità a mettersi in gioco.

Come scegliere la strada giusta?

Il punto non è “recitare una parte”, ma usare la consapevolezza del contesto per comunicare meglio e crescere.
Abbandonare l’autosabotaggio significa accettare che l’impegno non garantisce il successo, ma aumenta le probabilità di riuscirci.

Alla fine la domanda è semplice:
Ti adatti per crescere o ti nascondi dietro le scuse?

Migliorare è più faticoso che giustificarsi. Ma funziona meglio.